Lo sguardo perso all'orizzonte scorge quella linea, seppure invisibile, che divide l'immenso cielo e il limpido mare.
Essi appaiono come una sola madre che porta in grembo le lucenti stelle, guida di antichi tragitti e branchi di pesci, che da quei tragitti stessi vengono trasportati.
Lo sguardo intravede la terra al di là di quella linea; e lascia spazio al cuore ferito di chi, maledicendo i propri guai, sa ciò che lascia ma non sa ciò che trova e finisce per spalancare la mente al pensiero.
"In fondo siamo tutti fratelli".
Come l'eterno spirito gitano. Come eterni zingari nello spirito s'incontra l'altro, si incrociano gli sguardi, si abbracciano tra di loro le esperienzre, lasciandosi travolgere dal ciclo della vita, tra riti ancestrali e identità millenarie, costruendo un racconto come se volesse conservare il profumo dell'Esistenza e di ogni sua dolcezza.
E' questo il Mediterraneo, placido e poetico mare tra le volenterose genti, fonte di dialogo e via di speranza.
Una speranza che riesce a perdonare la vita, con le sue lotte generate dalla materialità, dal pregiudizio, dalla bramosità di ricchezza e dall'errata politica, creatrice di continue insicurezze.
La speranza si! Riesce a rinascere ancor più forte dalle sue ceneri.
Ed è questo il senso profondo di questo disco: un racconto di vita e una nuova visione del nulla, del tutto. Forte della propria tradizione.